La rivolta di Palabanda fu l’ultimo atto di ribellione intrapreso dai Cagliaritani contro i Savoia.

Anche se siamo abituati a sentirla chiamare “congiura di Palabanda“, la storia ci racconta uno scenario diverso.

Fra la popolazione di Cagliari, stremata dalle tasse per mantenere il fasto della corte di Vittorio Emanuele I, e stanca di non avere un peso a livello politico e amministrativo, si diffonde un’insofferenza generale che non può più essere repressa.

Il malcontento si aggiunge alla fame che nel 1812, anno della rivolta, è arrivata un livello intollerabile: quando sentiamo l’espressione “famini de s’annu doxi” si fa riferimento proprio a quest’annata.

Carestia, crisi economica ed epidemie contribuiscono a innescare la miccia di quella che fu l’ultima ribellione dei sardi contro il governo Piemontese.

I protagonisti della rivolta di Palabanda

Popolani e intellettuali, i protagonisti della rivolta di Palabanda sono un insieme eterogeneo di persone di cultura e semplici cittadini orgogliosi che vogliono avere una voce nelle cose della loro città.

Giuseppe Zedda e Stanislao Deplano, professori universitari, Francesco Garau e Antonio Massa Murroni, avvocati, Salvatore e Giovanni Cadeddu, fratelli e delegati cittadini, Luigi Cadeddu, figlio di Salvatore e dottore in giurisprudenza, Raimondo Sorgia, conciatore di pelli, Ignazio Fanni, pescatore, Pasquale Fanni, argentiere, Giovanni Putzolu, sarto, Giacomo Floris, operaio, Antonio Cilloco, militare.

 

Ognuno di questi uomini ha avuto un ruolo nelle azioni rivoluzionarie culminate nel 28 aprile 1794, che per tutti oggi è Sa die de Sa Sardigna. E ognuno è consapevole del rischio che corre, il carcere o la morte.

In ogni caso, si tratta di uomini coraggiosi che la sconfitta di pochi anni prima non ha demoralizzato.

Si riuniscono nella località di Palabanda, che attualmente corrisponde all’Orto Botanico.

Oggi, nell’atmosfera incantata del giardino più bello di Cagliari, una lapide ricorda il sacrificio dei patrioti cagliaritani, morti o rinchiusi in carcere a vita per aver tentato di liberare la Sardegna dal dominio Piemontese.

Qual’era l’obiettivo della rivolta?

Eliminare i Piemontesi e cacciarli finalmente dalla Sardegna. Ma come?

Il piano dei rivoluzionari prevede l’occupazione di Castello nella notte tra il 30 e il 31 ottobre, con la complicità di alcune guardie poste davanti alla porta di Sant’Agostino, che collega il quartiere di Marina alla parte superiore della città.

Però qualcosa va storto: la sera del 30 ottobre, Giacomo Floris incrocia un gruppo di soldati mentre raggiunge i compagni rivoluzionari che lo aspettano alla Marina.

Alla richiesta di spiegazioni sul perchè sia in giro a quell’ora della sera, risponde poche parole confuse e viene lasciato andare, ma si convince che il piano è stato scoperto.

E lo comunica agli altri. Poco dopo, il colonnello di Villamarina viene a sapere dall’avvocato del fisco, Raimondo Garau, della cospirazione.

La rivolta o la “congiura” di Palabanda

Anche se il governo dei Savoia rimane saldo al timone, pochi giorni dopo i Piemontesi catturano quasi tutti i protagonisti della rivolta di Palabanda.

Chi finisce in prigione sperimenta torture indicibili, ma non fa un nome.

Nessuno tradisce gli amici rivoluzionari e nessuno si pente.

Il risultato è spietato: tre condanne a morte, quattro condanne a morte in contumacia, quattro condanne al carcere perpetuo, una condanna a 20 anni di carcere.

La rivolta prende il nome di congiura anche per giustificare una repressione così feroce, ma è sempre viva quella voce che parlava di Carlo Felice, fratello del re, come il primo sostenitore della rivolta.

Per quale ragione? Non certo perchè volesse concedere la libertà ai Sardi, quanto per rivalità con il fratello Vittorio Emanuele I che, trasferendosi in Sardegna, aveva messo in ombra il suo potere sull’Isola e sottratto risorse per il mantenimento della sua corte.

A Nuxis, un murale ricorda la rivolta

A Nuxis, paesino della Sud Sardegna, il murale dell’artista Francesco del Casino, ricorda la vicenda storica di uno delle figure centrali della rivolta di Palabanda, Salvatore Cadeddu.

In fuga verso il Sulcis subito dopo la scoperta dei piani di rivolta, trovò ospitalità presso un possidente del luogo per un breve periodo.

Pochi mesi più tardi, i Piemontesi lo rintracciarono a san Giovanni Suergiu e lo trasportano a Cagliari, dove lo aspettava un processo e una condanna per cospirazione.

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